31 maggio 2006

Bagliori

Occorre vivere più semplicemente per permettere agli altri semplicemente di vivere. Ernst Fritz Schumacher Oggi è pacifico che l'unità di sopravvivenza nel mondo biologico reale è l'organismo più l'ambiente. Stiamo imparando sulla nostra pelle che l'organismo che distrugge il suo ambiente distrugge se stesso. Gregory Bateson Un economista che è solo un economista diventa nocivo e può costituire un vero pericolo. F. A. von Hayek Lo «sviluppo» è simile ad una stella morta di cui ancora percepiamo la luce, anche se si è spenta da tempo, e per sempre. Gilbert Rist Chi crede che una crescita esponenziale possa continuare all’infinito in un mondo finito è un folle, oppure un economista. Kenneth Boulding Lo sviluppo è un viaggio con molti più naufraghi che naviganti. Eduardo Galeano Occorre vivere più semplicemente per permettere agli altri semplicemente di vivere. Ernst Fritz Schumacher Tutti gli oggetti che continuiamo a raccogliere nel corso della nostra vita non ci daranno mai forza interiore. Sono, per così dire, le stampelle di uno storpio. Ivan Illich Lo sviluppo sostenibile è come l'inferno, lastricato di buone intenzioni. Serge Latouche Ce n’è abbastanza per le necessità di tutti, ma non per l’avidità di ciascuno. Mahatma Gandhi
Queste massime sono state lette dal sottoscritto su www.decrescita.it

Caimano?

A volte il pensare alcune cose in solitudine te le fa apparire come probabilmente errate dal momento che i riscontri sono piuttosto esigui ma quando ho letto questo articolo di Domenico Starnone mi sono sentito meno solo. Lo riporto integralmente sperando di non violare nessun diritto di autore.
Non è neanche un caimano Domenico Starnone Il Manifesto, 28 aprile 2006, 1a pagina
L'altra sera in tv, a Giuliano Ferrara che si teneva basso e definiva, mi pare, Silvio Berlusconi un lottatore, Ombretta Colli ha replicato alzando il tono: è un guerriero. Un guerriero? Spero che presto o tardi qualcuno faccia una ricerca rigorosa su attributi, apposizioni, predicati nominali (di adesione estatica o di ripulsa indignata, ironica, comica) che hanno contribuito a fare di Berlusconi un prodotto dell'immaginazione. Sicuramente uno studio del genere servirebbe a dirci che è arrivato il tempo di finirla. Berlusconi non è il pie' veloce Achille. Berlusconi è un uomo normale, cioè un normalissimo animale in mutande, camicia, pantaloni e giacca. Tutto quello che fa, dice, proclama in pubblico è finzione costruita dai suoi stipendiati, a parte le battutacce e la stizza feroce del comune energumeno che nel fondo della scatola cranica ha il vecchio cervello di rettile. Ciò che lo muove è ciò che muove l'uomo medio: soldi, potere, la conquista e la tutela di poca o molta roba con tutti i mezzi. Chi lavora alla sua immagine ce lo spaccia per l'Eletto, ma di fatto è un eletto: eletto da elettori che hanno visto e vedono il loro particulare ben potenziato, nella realtà e soprattutto nell'immaginazione, dal trionfo del suo. Certo la pelata è realmente sparita. Ma questo segnala solo che i trucchi di scena, gli effetti speciali si sono evoluti. Di fatto il presidente del consiglio stizzosamente uscente non è Dorian Gray, ma il ritratto di Dorian Gray. Non è un grande comunicatore, ma un signore che tiene ai suoi negozi e passa la vita a tutelarli con spot scritti da altri. Non è nemmeno, bisogna dire, un caimano, si fa torto ai caimani: è uno di noi, un comune feroce essere umano. Quanto al guerriero, i guerrieri per loro disgrazia fanno la guerra vera a Nassiriya e altrove, non quella finta a uso della tv. Riportiamo perciò Silvio Berlusconi alle sue dimensioni reali, da anagrafe, da registro scolastico. Chiamiamolo Berlusconi Silvio e basta. ..davvero un bell'articolo.

Lavoro

Un vecchio e goliardico detto recitava: "Il lavoro nobilita l'uomo e lo rende simile alla bestia" .
Le bestie non scrivono, ed io non scrivo da parecchio...

03 maggio 2006

Ehilà Carlo.

Caro Carlo, permettimi di darti del tu, ma ho letto sul tuo blog, con il solito interesse, un tuo articolo dal titolo "Ancora sulle 'democrazie bloccate'. Una replica".[1] E mi sono venute alla mente un paio di considerazioni che vorrei sottoporti. In una parte dell'articolo tu scrivi testualmente: "Ma la differenza tra lo scienziato e il militante consiste nel fatto che se il primo si accorge che i fatti smentiscono le sue ipotesi, se è scienziato sul serio, cambia subito idea, mentre il secondo, se è militante sul serio, non può non farsi trascinare dalla passione politica e dal richiamo del "tanto peggio per i fatti". Il primo vuole capire, il secondo vincere o convincere l'avversario. Il primo osserva e descrive, il secondo argomenta, e spesso in modo sofistico." Comprendo la tua posizione di studioso ed intuisco dal tenore dei tuoi articoli che le tue conoscenze, presumo sociologiche, sono senza dubbio consistenti. Io, ad esempio, al momento non posso godere di un "substrato" come il tuo, ma sento una certa passione per la politica e non mi resta che appartenere, con un certo piacere, al secondo gruppo, quello dei militanti. Condizionare e vincere. Hai ragione i militanti perseguono proprio questo. Un idea, se ritenuta giusta, va poi attuata nel governo della collettività e capisco che certi compromessi siano agli occhi di uno studioso come te a volte un pò peregrini. Ma nessuna scienza al momento è portatrice di verità assolute nè è in vista il loro raggiungimento, checché ne pensi Benedetto XVI. Comprendo anche che, ahimè, spesso la politica degli schieramenti è in tutto e per tutto molto simile al tifo da stadio, dove gli schematismi "viscerali" hanno spesso partita vinta su l'atteggiamento analitico che caratterizza il tuo lavoro. Tu ne sei stato e ne sarai ancora vittima. La militanza non può essere separata dall'impegno, il militante combatte con veemenza ed a volte sbaglia bersaglio. Ho notato che in passato hai citato il Prof. Marco Tarchi, persona definita da non ricordo più quale quotidiano, ideologo dell'estrema destra . Bene io lo apprezzo molto, a tal punto che mi sono "addirittura" abbonato al Diorama Letterario, che come saprai benissimo è una sua storica pubblicazione, e non perché egli abbia smentito quanto scritto in quell'editoriale ma perché mi è parso, nei limiti della mia comprensione, intellettualmente serio ed onesto. Io di cultura originariamente marxista e quindi per taluni "settario" sto cercando di leggere De Benoist, ho tre suoi libri "L'Impero interiore" "Democrazia il problema" e "Comunità e decrescita", per non parlare de "L'Europa e l'Impero" di Antonio Negri, più vicino al mio pensiero, più due libri di Serge Latouche ed in futuro anche un paio di autori che ho inquadrato leggendo il tuo blog. Vedrò di fare il possibile anche perchè la mia "militanza" non coincide con il mio lavoro, lavoro che non mi lascia molto spazio per leggere, con l'aggravante che quando posso farlo invece scrivo, come adesso. Vorrei essere chiaro, non scrivo questo per autocelebrarmi, ma per evidenziare che anche un "militante" ricerca e si impegna, sempre affiancato dai suoi limiti, nel trovare soluzioni il più possibile rispettose di quella varia umanità di cui facciamo parte. Un caro saluto. Brezzarossa P.S. Bella la replica di Roberto Buffagni.

Il compañero

Sembra che alcuni paesi, nei quali si sa esattamente quale sia il sapore della povertà, abbiano cominciato a pensare allo Stato come l'unico “soggetto” in grado di sollevare le sorti della gente.
La cosa buffa, e poi spiegherò perché, è che una delle soluzioni "statali" che ci viene proposta viene dalla Bolivia. Il “compañero” presidente Evo Morales ha improvvisamente nazionalizzato le risorse petrolifere del paese, non solo lo ha fatto a sorpresa durante le celebrazioni del 1° maggio ma ha pure mandato l'esercito ad occupare i pozzi.
Perché lo ha fatto? Uno dei presidenti che lo avevano preceduto tale Sanchez De Lozada aveva, da buon neoliberista, privatizzato tutto, dall'acqua al petrolio e derivati. Risultato? L'82% dei proventi dell'estrazione del petrolio e del gas andava alle compagnie petrolifere ed il 18% allo stato. Non approfondiamo il perché il tipo sia poi fuggito negli Stati Uniti, sta di fatto che la sua “giusta” politica neoliberista aveva praticamente ridotto sul lastrico, come spesso accade con il neoliberismo, un'intera nazione. Evo Morales ha rovesciato, giustamente, la ripartizione degli utili dello sfruttamento petrolifero dando allo stato l'82% dei proventi e lasciando alle compagnie petrolifere il restante 18%. Ripeto, sembra che chi conosca la miseria e, aggiungo, sia contemporaneamente dotato di un referente socialista "ortodosso" abbia ben chiaro quali siano le mosse da compiere per il bene della collettività. Purtroppo laddove le forze socialiste perdono in acume e ortodossia si hanno risposte ondivaghe e diversificate. E come giustamente mette in risalto Maurizio Matteuzzi su Il Manifesto [1] le risposte deludenti di una certa “sinistra” europea non si sono fatte attendere. Per finire qual'è la cosa buffa? È questa. Quando si parla di democrazie “bizzarre”, “particolari” le si definisce “sudamericane”. Vuoi vedere che quelle democrazie finiranno per insegnarci qual'è la giusta direzione per vivere? E che lo Stato è ancora la sola risposta in grado di elevare la nostra vita al di sopra della mercificazione aberrante del “mercato”? Vedremo. Hasta la vista. [1] Riporto testualmente: “Anche tralasciando quelle, penose, dell'uccellaccio del malaugurio europeo, il 'socialista' spagnolo Javier Solana (così duro con il boliviano Morales e così morbidamente cieco sui voli segreti della CIA)”, Maurizio Matteuzzi, Il Manifesto ann0 XXXVI n° 102 pag. 3.

02 maggio 2006

Fine

L'unto del Signore non è più Presidente del Consiglio. Una Prece.